La Teoria

MMP Blog #41: MMT per gli Austriaci Parte 4: È desiderabile una descrizione senza una teoria, un’ideologia o una politica? È anche solo possibile?

MMP Blog #41: MMT per gli Austriaci Parte 4: È desiderabile una descrizione senza una teoria, un’ideologia o una politica? È anche solo possibile?

Questa sarà la parte conclusiva di questa serie. Dalla prossima settimana ci dedicheremo al Programma di Lavoro Garantito/Datore di Lavoro di Ultima Istanza.

La risposta ad entrambe le domande poste nel titolo è, credo, un bel no.

Non mi addentrerò nei dibattiti metodologici. Primo, non sono un metodologo. Secondo, non penso che siano molti i lettori interessati a tali dibattiti. E terzo, non è proprio necessario.

Non è possibile osservare e descrivere senza una base teorica e ideologica. Date solo uno sguardo alle domande e ai commenti che ricevo. Sono inevitabilmente cariche di valore. Perché dovrei focalizzarmi sulla Moneta? E, più specificatamente, su un tipo di Moneta davvero speciale – la Moneta sovrana? Perché non scrivo di più sulla Moneta creata dai privati – come la Moneta bancaria? Cosa diavolo è la Moneta, dopotutto? Dev’essere qualcosa che posso toccare? Usare? Come? Molti commentatori vogliono saltare a piè pari la Moneta e passare alle “cose reali” – agli asset fisici che compongono la nostra ricchezza fisica. E perché la MMT ignora (solitamente) il marito casalingo che lava i piatti?

Devo fare tutte queste scelte e devo avere un’idea di cosa è abbastanza importante per provare a comprenderlo. Date un’occhiata e penso che concorderete che ogni domanda o commento fatti abbiano sempre sottinteso qualche “scopo”.

La scienza non è priva di valore. Non può esserlo. La scienza – inclusa l’economia – è intrinsecamente progressiva. Perché pensate che l’estrema destra voglia rifiutare la scienza nell’ambito dell’evoluzione, dell’ecologia e della salute riproduttiva femminile? Perché sa bene che la scienza è uno sforzo progressista. E questo comprende l’economia che sta dietro al processo politico decisionale. Quindi devono negare la scienza per poter fermare il progresso.

Ora, tutti voi capite che uno Stato sovrano non può “restare a corto della sua Moneta”; la questione non è la sostenibilità finanziaria. Questo è un importantissimo progresso scientifico; è intrinsecamente progressista. Abbiamo superato la “magia” o la “superstizione” a cui faceva riferimento Samuelson. Sono tutti clic su una tastiera e possiamo averne quanti ne vogliamo. Possiamo usare lo Stato per realizzare l’interesse pubblico e questo è necessariamente un avanzamento progressista.

Il dibattito si sposta quindi su “quello che dovrebbe fare lo Stato”. E, bisogna ammetterlo, sono ancora molte le questioni aperte riguardo “cosa può fare lo Stato”. Perché ci sono cose che sarebbero progressiste (mettere fine al razzismo ed al sessismo, per esempio) che potrebbe non essere possibile ottenere, almeno ora, usando lo Stato. O, come ho già detto, gli obiettivi progressisti sono spesso confliggenti [tra loro]. È per questo che penso sia molto utile guardare all’interesse pubblico e ai diritti umani come ad “aspirazioni” – è più facile definire e lavorare in direzione del progresso che definire e realizzare qualche aspirazione. Siamo sempre protesi verso la “cima della montagna” e non la raggiungiamo mai. Il che va bene, penso. Qualunque progresso raggiungiamo, non è mai abbastanza – i traguardi ci spingono ad inseguirne altri [più ambiziosi].

Di nuovo, non voglio diventare filosofico, ma ogni volta che sento un appello all’economia che non abbia un impianto valoriale alla base, sospetto subito una fregatura. Nella mia esperienza, la correlazione è quasi del 100%. Quelli che propugnano l’economia come una descrizione, nascondono semplicemente la loro ideologia e i loro obiettivi politici. E sono quasi sempre anti-progressisti. Sospetto abbiano paura che, se esponessero i loro obiettivi, perderebbero consenso. Da qui, il rifiuto di ammettere la loro vera missione.

Ma su questo voglio essere chiaro. C’è moltissimo spazio per dissentire sugli obiettivi leciti che l’interesse pubblico [deve perseguire]. E, se anche tutti concordassimo su cosa sia l’interesse pubblico, esiste ancora più spazio per essere in disaccordo sul modo in cui perseguirlo. Come ho detto, ci sono conflitti, incertezze e nessun punto d’arrivo finale. Tutto ciò trasforma queste discussioni in dispute. Ma non ne possiamo proprio discutere, senza oppositori che espongano le proprie idee, speranze ed obiettivi.

La MMT è quindi intrinsecamente progressista. Scegliamo di concentrarci su un ambito del comportamento umano abbastanza limitato, ma che crediamo essere importante – su quello che potremmo definire la parte “monetaria” dell’economia. Ora, specifico ancora meglio – sulla parte identificata come “produzione monetaria” nell’analisi di Marx, di Veblen e di Keynes. E ci concentriamo principalmente sull’epoca moderna (sulla produzione monetaria moderna) – anche se è utile, per comprendere “dove siamo”, partire “da dove siamo venuti”. Si tratta di grandi temi, ed è un ambito che comprende molti sotto-temi.

Si potrebbe, per esempio, limitare l’analisi alla descrizione di un acquisto sul mercato aperto di titoli di Stato con scadenza 10 anni, fatto il 6 marzo. Ma perché avete scelto quell’argomento e quella data? Cosa cercavate di dimostrare? Se è tutto qui, a chi interessa? È più probabile che l’osservazione e la descrizione vertano a dimostrare una tesi e ad esprimere un commento sulla politica. Fare quell’acquisto è stata una buona idea? Quale impatto ha avuto? La Fed avrebbe dovuto fare qualcosa di diverso? Cosa stava cercando di ottenere la Fed? L’obiettivo dichiarato era diverso dall’obiettivo ufficioso? Come si posiziona quell’azione nella strategia della Fed? Senza indagare su queste ed altre questioni, la descrizione non è d’aiuto.

Ma anche la scelta di fornire una simile descrizione è molto probabilmente “rilevante”, persino se l’investigatore non ha interesse in una questione simile – ad esempio per offuscare e distrarre, una tattica comunemente utilizzata.

Infine, Stephanie Kelton ha fatto la seguente analogia. Quasi tutti conosciamo il lavoro di Milton Friedman. Era un “positivista”, spesso identificato come uno che aborriva l’economia “normativa”. Non voglio dibattere sul fatto che questa sia o non sia una descrizione imparziale delle reali opinioni di Friedman. Voglio invece analizzare il monetarismo in sé. La parte “descrittiva” sosteneva [l’esistenza di] una correlazione tra la crescita della Moneta e la crescita del Pil nominale, e può essere riassunta con il concetto “l’inflazione è sempre e dovunque un fenomeno monetario”. Ma, come sappiamo, la misurazione del Pil comporta molte scelte, e alla base di esse vi sono teorie ed ideologie (perché abbiamo escluso dalla misura chi lava i propri piatti [sporchi], includendo invece i “servizi di accoglienza”?). E anche: cos’è la Moneta? E cos’è l’inflazione? Come se queste non fossero tematiche già abbastanza problematiche, i monetaristi identificano poi l’inflazione come un “male” e propongono politiche che si suppone la prevengano (controllando la crescita dell’offerta di Moneta – di qualunque cosa si tratti!). Mettiamo che le correlazioni indichino causazione (discutibile), che la Banca Centrale possa controllare l’offerta di Moneta (discutibile), che l’inflazione sia una cosa brutta (discutibile) e che i benefici della riduzione dell’inflazione attraverso determinate politiche siano superiori ai costi (discutibile). Potete capire cosa intendo.

E il monetarismo non sarebbe tale senza la lotta all’inflazione e senza le regole di crescita monetaria. Anche altri approcci concordano sul fatto che l’inflazione sia un male e che la banca centrale dovrebbe e potrebbe combatterla – ma non sono monetaristi. Servono l’ideologia, la teoria e le raccomandazioni politiche per spiegare il monetarismo.

Io credo quindi che l’idea che ci possa essere un gruppo di MMTer che evitano di discutere di teoria, ideologia e politica sia, nella migliore delle ipotesi, un’ingenuità; ma, molto più probabilmente, che sia volta a nascondere l’orientamento dei partecipanti.

Ora, anche se sarò breve, ecco la cosa più importante che voglio dire.

Mi stupisce sempre quanto scarsa sia la fiducia che gli Austriaci (ed i conservatori, più in generale) ripongono nel nostro sistema capitalistico. Nella loro concezione, si tratta di un sistema molto fragile, facile da disturbare e forse anche da distruggere. Un po’ di regolamentazione da parte dello Stato prevale sull’iniziativa imprenditoriale. Qualche tassa sui ricchi e il movente del profitto va improvvisamente a gambe all’aria. Date un sussidio a qualche affamato e l’intera, dannata forza lavoro smetterà semplicemente di lavorare per mettersi in fila dove distribuiscono i viveri. È un sistema talmente debole che dobbiamo stare estremamente attenti a farci da parte per lasciare che la povera, piccola mano invisibile possa operare. Anche il più piccolo ostacolo sarebbe catastrofico.

Secondo me leggono davvero troppo gli apocalittici scritti di Capitalismo, Socialismo e Democrazia di Schumpeter – in cui l’autore si preoccupò del futuro del capitalismo – o forse la teoria marxista della caduta del saggio di profitto.

Per quanto mi riguarda, sono più per il Marx e l’Engel del Manifesto del Partito Comunista – che si meravigliano dei traguardi del sistema capitalista:

Nel frattempo i mercati continuavano a crescere, come pure i bisogni. Anche la manifattura non era più sufficiente. Ed ecco che il vapore e le macchine rivoluzionarono la produzione industriale. Alla manifattura subentrò la grande industria moderna, al ceto medio industriale, i milionari dell’industria, capi di interi eserciti industriali, ossia i moderni borghesi.

L’industria moderna ha effettivamente creato quel mercato mondiale per cui la scoperta dell’America aveva spianato la strada. Il mercato ha determinato un grande sviluppo del commercio, della navigazione e delle comunicazioni via terra. Questo sviluppo ha influenzato – a sua volta – l’estensione dell’industria, e nella misura in cui l’industria, il commercio, la navigazione e le ferrovie si sono estese, anche la borghesia si è sviluppata ed ha aumentato i suoi capitali, allontanando sempre più dalla scena tutte le classi che erano un residuo del Medioevo.

… L’esecutivo dello Stato moderno non è altro che un comitato di gestione degli affari comuni dell’intera borghesia.

Storicamente, la borghesia ha avuto un ruolo essenzialmente rivoluzionario. Dovunque sia arrivata al potere, ha messo fine a tutti i rapporti feudali, patriarcali, idilliaci. Ha distrutto senza pietà tutti quei variopinti legami che nel regime feudale costringevano gli uomini ai loro “superiori naturali”, e non ha lasciato altro vincolo tra gli uomini al di fuori del nudo interesse personale e dello spietato “pagamento in contanti”. Ha affogato le estasi più celestiali del fervore religioso, dell’entusiasmo cavalleresco, del sentimentalismo ignorante nelle gelide acque del calcolo egoistico. Ha trasformato la dignità personale in un valore di scambio; e alle diverse libertà inalienabili e sancite nelle Carte [ufficiali], essa ha sostituito l’unica spregiudicata libertà – il libero commercio. In una parola, al posto dello sfruttamento velato di illusioni religiose e politiche, ha messo lo sfruttamento aperto, senza pudori, diretto e brutale.

… La borghesia ha messo in chiaro come la brutale manifestazione della forza nel Medioevo, che i reazionari di oggi ammirano, trovasse il suo complemento appropriato nella pigrizia più indolente. Essa per prima ha dimostrato a cosa possa portare l’attività umana. Essa ha creato meraviglie che di gran lunga superano le piramidi egiziane, gli acquedotti romani e le cattedrali gotiche; essa ha condotto spedizioni che hanno messo in ombra ogni precedente esodo dei popoli ed ogni crociata.

La borghesia non può esistere senza rivoluzionare di continuo gli strumenti della produzione, il che vuol dire le relazioni produttive, e, con queste, tutte le relazioni sociali. L’immutata conservazione delle vecchie modalità di produzione era, al contrario, la prima condizione di esistenza delle vecchie classi industriali. Questo continuo sovvertimento della produzione, questo ininterrotto disordine di tutte le condizioni sociali, questo moto perpetuo, la costante incertezza e agitazione, contraddistingue l’epoca borghese da tutte quelle che la precedettero. Tutte le solide relazioni, con il loro seguito di opinioni e pregiudizi ricevuti e venerate per tradizione, si dissolvono; e le nuove relazioni che le sostituiscono, invecchiano ancor prima di aver avuto il tempo di consolidarsi. Tutto ciò che aveva carattere stabile e che rispondeva alla gerarchia dei ceti svanisce, tutto ciò che era sacro viene profanato, e gli uomini si trovano alla fine a dover considerare le loro condizioni di esistenza con occhi liberi da ogni illusione.

Spinta dal bisogno di sempre nuovi sbocchi per le proprie merci, la borghesia si spinge su tutto il globo terrestre. Dappertutto essa deve annidarsi, dappertutto stabilirsi, dappertutto estendere i suoi collegamenti.

… La borghesia ha fatto della città la signora assoluta della campagna. Ha creato città enormi; a confronto della popolazione rurale ha fortemente accresciuto la popolazione urbana, sottraendo così buona parte della popolazione all’idiotismo della vita contadina. Come ha assoggettata la campagna alla città, così ha reso dipendenti dai popoli civili quelli barbari o semibarbari, i popoli contadini da quelli borghesi, e l’Oriente dall’Occidente.

La borghesia sopprime sempre più il frazionamento e lo sparpagliamento dei mezzi di produzione, della proprietà e della popolazione. Essa ha agglomerato la popolazione, centralizzato i mezzi di produzione, raccolto in poche mani la proprietà. Ne è risultato come necessaria conseguenza la centralizzazione politica. Province indipendenti, appena collegate fra loro da vincoli federali, province con interessi, leggi, governi e dogane diversi, furono raccolte e ridotte in una nazione unica, con un governo unico, legge unitaria, con un solo e collettivo interesse di classe e con una sola linea doganale.

Nel suo dominio di classe, che dura appena da un secolo, la borghesia ha creato forze produttive il cui numero e la cui portata colossale superano tutto quello che hanno fatto le generazioni passate. Il soggiogamento delle forze naturali, le macchine, l’applicazione della chimica all’industria e all’agricoltura, la navigazione a vapore, le ferrovie, il telegrafo elettrico, la messa a coltura di interi continenti, i fiumi resi navigabili, popolazioni intere sorte quasi miracolosamente dal suolo: ma quale dei secoli passati avrebbe mai presentito che tali forze produttive giacessero latenti in seno al lavoro sociale?

Fin qui abbiamo visto che i mezzi di produzione e di scambio, che hanno fatto da fondamento allo sviluppo della borghesia, sono stati prodotti all’interno della società feudale. Ad un certo grado di sviluppo di tali mezzi di produzione e di scambio, le condizioni nelle quali la società feudale produceva e scambiava, ossia l’organizzazione feudale dell’agricoltura e della manifattura, in una parola i rapporti feudali di proprietà, non corrisposero più alle forze produttive che già si erano sviluppate. Quelle condizioni, invece di favorire la produzione, la impedivano, divenendo come delle catene. Bisognava spezzarle, e furono spezzate.

Non riconosco, in quest’ode marxiana al potere dell’imprenditore, la versione Austriaca del povero, piccolo capitalista impotente; per niente.

Pensate davvero che un Timmy Geithner [1] – in veste di regolatore – avrebbe una possibilità contro un capitalista marxista? Un vero rivoluzionario che può “spezzare” tutte le forze e le catene precedenti? Il capitalista che durante il primo secolo di capitalismo “ha creato forze produttive il cui numero e la cui portata superano tutto quello che hanno fatto tutte le generazioni passate messe insieme” – oltre un milione di anni di esistenza umana? Diavolo, nell’ottica di Marx il capitalista ha creato lo Stato moderno utile a servirlo. E, se gli si lasciano i suoi strumenti, il capitalismo inghiotte tutto ciò che trova sul suo cammino, divorando i suoi giovani per colazione. Per essere sinceri, è la bestia più potente che l’umanità abbia mai creato.

E questo fu scritto 160 anni fa, quando ancora non avevano visto nulla! Il mondo intero non era abbastanza. Ora Newt colonizzerà la luna [2], se ne avrà una mezza possibilità!

Prima che i critici si affrettino ad accusare che la MMT è Marxismo, il mio obiettivo qui è enfatizzare la potenza del capitalismo. È un sistema robusto, sebbene predisposto a carenze di domanda e periodiche crisi finanziarie. Ma io trovo che l’idea che qualche regolamentazione e un po’ di tasse distruggeranno il capitalismo sia fantasiosa ed inutilmente pessimistica.

Ora, per quale motivo la saggezza convenzionale è che il capitalismo sia fragile?

Primo, è ovvio che a livello di impresa ciascuna faccia sforzi per ottenere un vantaggio. I sussidi pubblici e le esenzioni fiscali contribuiscono a offrire un vantaggio competitivo. Fa molto comodo se l’amministrazione locale copre parte del capitale e dei costi del lavoro. È bello quando il Congresso distribuisce “fondi politici” a favore delle industrie locali. Ed è grandioso se i regolatori si voltano dall’altra parte.

Secondo, anche in termini individuali molti imprenditori sono senza dubbio crudeli. Amano vedere i loro lavoratori soffrire, e sono disposti ad ottenere minori profitti, se necessario, per poterne godere. Mi vengono in mente i datori di lavoro californiani che vietarono ai lavoratori delle aziende agricole l’uso delle zappe a manico lungo – obbligandoli a chinarsi per lavorare con le zappe corte. Erano molte le ricerche che dimostravano che la produttività era più alta con le zappe lunghe, ma i datori di lavoro erano indifferenti. Giustificavano le zappe corte argomentando che i lavoratori migranti gradivano essere vicini al terreno.

Quindi protestano vigorosamente se il Governo prova a regolamentare la lunghezza del bastone con cui percuotono i loro schiavi e i lavoratori.

Non sottovalutate mai la crudeltà come fattore motivante della resistenza alle regole di buon senso. Keynes, infatti, si riferiva ai vantaggi dell’indirizzare tale crudeltà verso la tirannia sui libri contabili, anziché sulle persone.

Ed infine, come affermò anche Keynes, il problema è che il capitalismo moderno soffre di una cronica insufficienza di domanda aggregata, combinata con un eccesso di disuguaglianza e di disoccupazione. È per questo motivo, diceva, che la politica è spropositatamente affezionata al tentativo di incoraggiare lo spirito imprenditoriale – attraverso la legislazione pro-business, i sussidi, gli incentivi fiscali e la deregolamentazione. È per questo, diceva, che si è sempre detto che la presunta soluzione alle malattie del capitalismo va cercata nella promozione dell’investimento privato e di altre misure dal lato dell’offerta. E date uno sguardo alla tipica campagna presidenziale, in cui l'”esperienza negli affari” è considerata una qualità importante per un candidato. Non basta pianificare ogni politica tenendo a mente l’uomo d’affari, bisogna anche metterne uno alla Casa Bianca.

Ma questo non può mai avere successo, perché è destinato a risolvere un problema immaginario – alimenta solo gli interessi affaristici – tutto in virtù dei presunti vantaggi del “libero mercato” e di “mani invisibili”.

A dire il vero, il capitalismo privo di una guida alterna pericolose frenesie speculative agli inevitabili collassi che ne seguono. E durante il crollo, senza i salvataggi pubblici, l’economia capitalistica può entrare in un pericoloso processo di debito e deflazione, devastante non solo per il suo impatto economico, ma anche perché scatena politiche pericolose, di stampo fascista. Ma, con i salvataggi [pubblici], l’incentivo è quello di gonfiare sempre di più l’economia, alimentata da comportamenti persino più scandalosi che operano contro l’interesse pubblico.

In verità, la guida pubblica rende il capitalismo più forte e può indirizzarlo a servire meglio l’interesse pubblico.

 

Note del Traduttore

1.^ Timmy Geithner: politico, economista e banchiere statunitense, dal 2003 al 2009 Geithner è stato Segretario al Tesoro degli Stati Uniti nell’amministrazione Obama, dopo aver ricoperto importanti incarichi nella Federal Reserve e nel Federal Open Market Committee (FOMC); fonte: Wikipedia.org

2.^ Newton Leroy “Newt” Gingrich, politico statunitense, nel corso della sua campagna presidenziale del 2012, aveva proposto la realizzazione di una base lunare da parte della Nasa; fonte: Nytimes.com

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Originale pubblicato l’11 marzo 2012

Traduzione a cura di Andrea Sorrentino, Supervisione di Maria Consiglia Di Fonzo

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