Cosa fanno i tecnici del rigore quando sentono uno scricchiolio che proviene dalle fondamenta della cultura dell’austerità? Riorganizzano il fronte.
È sempre più difficile convincere i cittadini che l’austerità fa il loro bene. Alcuni politici iniziano a essere riottosi ad imporre altri sacrifici, e non è più un tabù dire che l’ossessione di Bruxelles per i vincoli di spesa è la zavorra che affossa la ripresa. Qualcuno in TV parla, addirittura, di politiche espansive!
Il fronte dei tecnici del rigore sente che il futuro sarà meno facile del previsto. E va al contrattacco.
Pare che il problema del debito pubblico e delle compatibilità finanziarie sia stato completamente rimosso, come se non avessimo appena affrontato una crisi gravissima in parte indotta proprio dalla nostra incapacità di controllare le finanze pubbliche negli anni buoni.
Sono le parole di Massimo Bordignon, direttore del Dipartimento di Economia e Finanza dell’Università Cattolica di Milano e membro dell’Osservatorio dei conti pubblici italiani inaugurato qualche giorno fa presso la stessa università.
L’obiettivo dell’Osservatorio è « sensibilizzare i cittadini sull’importanza di una finanza pubblica equilibrata », ovvero favorire nei cittadini (e negli elettori) l’interiorizzazione dei concetti alla base dell’austerità. Per far accettare ulteriori tagli alla spesa pubblica, innalzamenti dell’età pensionabile, sacrifici e privatizzazioni, è necessario tenere costantemente vivo nell’immaginario collettivo quel mix di superstizioni economiche, sensi di colpa e narrazioni che sembrava funzionare in eterno.
Chi dirige questa think tank, finanziata da grandi imprese come Intesa Sanpaolo, Deutsche Bank, Banca Passadore, Pirelli? Carlo Cottarelli, funzionario del FMI ed ex commissario per la spending review, che sa bene che per imporre altra austerità sarà decisivo lavorare sull’opinione pubblica. Così Cottarelli parla del problema a cui l’Osservatorio vuole trovare una risposta: « Spesso si incolpano i politici, chi sta al governo, del mal funzionamento del settore pubblico. Ma, in ultima analisi, in una democrazia i governi riflettono la volontà popolare e quindi per cambiare le cose occorre cercare di sensibilizzare l’opinione pubblica rispetto ai danni che un settore pubblico squilibrato finanziariamente e poco efficiente causa a tutti noi ».
Le elezioni non sono lontane e lo scontro politica vs tecnici si fa sempre più evidente ed esplicito. Chi deve essere votato ha bisogno del consenso popolare, perché essere impopolari è il presupposto migliore per non essere eletti. Per questo la politica resta il terreno del confronto (con i territori, le categorie, gli interessi contrapposti, ecc.) e dell’ascolto, per quanto ormai sempre più finto.
I tecnici alla Cottarelli disprezzano il ruolo che il consenso popolare gioca nella capacità dei politici di restare dentro ai vincoli teorici creati dai tecnici o, al contrario, di deviare. E se non è possibile archiviare la volontà popolare come una tradizione del passato (il desiderio più intimo e inconfessabile del tecnico) eliminando per sempre elezioni, referendum, consultazioni, non resta altro che orientare quella volontà popolare nella direzione “giusta”. Nel mondo ideale dei tecnici, i cittadini si rivoltano ai politici che parlano di politiche espansive, di piena occupazione, di aumento dei deficit, di ridurre l’età per l’accesso alle pensioni. Nel mondo ideale del tecnico, il cittadino ama ciò che lo ha impoverito, ama l’austerità.
Sono ancora pochi i politici che sconfessano le politiche del rigore come la più dannosa delle superstizioni economiche, ma il fronte dell’austerità si muove per tempo e al semplice scricchiolio va all’attacco.