Approfondimento

La Repubblica Ceca e la moneta moderna

La Repubblica Ceca e la moneta moderna

Dal 9 aprile la Repubblica Ceca ha riportato il suo sistema monetario al cambio fluttuante, abbandonando il peg (il cambio fisso tra due valute) che ancorava la corona ceca all’euro e ripristinando così le condizioni di piena sovranità monetaria come definita dalla MMT. Per circa tre anni la politica monetaria della Repubblica Ceca è stata vincolata all’impegno auto-imposto di mantenere fisso nel tempo il rapporto di 27 corone per 1 euro.

Per poter garantire il peg nel corso del 2016, la banca centrale ceca ha acquistato valuta da altri Paesi per circa 60 miliardi di dollari, così da raddoppiare le proprie riserve in valuta estera.

Per le economia orientate all’esportazione, è strategica la difesa del cambio fisso rispetto alla valuta del Paese con cui avvengono i maggiori scambi commerciali. Nel caso della Repubblica Ceca, considerato il volume di scambi commerciali con l’estero, la moneta a cui ancorarsi era l’euro. In questo modo, se verso l’esterno si garantisce all’esportatore/importatore un prezzo definito non soggetto a fluttuazioni, all’interno possiamo avere una riduzione dei costi di produzione per mantenere i prezzi competitivi nel caso di Paesi esportatori oppure un aumento dei prezzi interni dovuto alla maggior domanda rispetto alla produzione per Paesi importatori, fino ad un livellamento verso l’alto dei prezzi degli stessi beni importati.

In ogni caso, entrambe le politiche hanno avuto come esito una riduzione del potere d’acquisto dei Cechi.

Se guardiamo l’andamento della bilancia commerciale, vediamo che dal 2014 la Repubblica Ceca è diventata un esportatore netto, per cui il sostegno alla sua politica orientata all’esportazione di beni reali (dalle macchine Skoda alle calzature Bata) era articolata nella difesa del tasso fisso contro la rivalutazione della corona e nel contenimento dei prezzi di produzione, il tutto per mantenere competitivi i propri prodotti sui mercati esteri. La difesa del tasso fisso rispetto all’euro, come abbiamo visto, ha comportato un elevatissimo impegno nell’acquisto di valuta estera (circa 50 miliardi di euro), mentre il controllo sulla remunerazione dei fattori produttivi ha comportato la progressiva riduzione dei costi di produzione.

La decisione di rendere la valuta ceca fluttuante ha disarmato gli speculatori finanziari, che scommettevano sulla corona ceca bloccata per scelta politica ad un tasso fisso con l’euro, e può essere letta alla luce delle imminenti elezioni previste in autunno. Probabilmente, il premier socialdemocratico Bohuslav Sobotka vuole arrivare alle elezioni nella miglior condizione possibile, ed il recupero delle piene potenzialità della moneta fiat in regime di cambio pienamente fluttuante può permettergli di allontanarsi dal rischio austerità che attanaglia l’area euro; a questo rischio lo avrebbero avvicinato le politiche orientate all’export e l’impegno alla difesa del tasso non fluttuante, inducendo riduzione della domanda interna, aumento della disoccupazione e caduta in deflazione.

Infine, l’ultima considerazione è relativa alla svalutazione del “dopo peg”: a distanza di pochi giorni, la corona Ceca si è svalutata di circa il 2% rispetto all’Euro, evidenziando come la zona euro si manifesti nei fatti non più come una locomotiva economica, ma come una pericolosissima zavorra.


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