Gli uffici Statistici della Regione hanno certificato che in Sardegna nel terzo trimestre del 2016 i Sardi senza lavoro sono 110˙300, pari al 15,9% della forza lavoro. A questo dato va aggiunto quello delle 412˙100 persone inattive, ovvero persone che non lavorano e che non cercano lavoro. Non va trascurato anche un altro dato: seppure considerati dalle statistiche ufficiali come occupati, ci sono state 2˙659˙100 ore di cassa integrazione, il che equivale a 5˙000 lavoratori che di fatto non hanno lavorato.
Davanti a questi numeri mi sarei aspettato un intervento deciso contro il dramma della disoccupazione. Ma nelle disposizioni finanziarie della Legge regionale 5 dicembre 2016, n. 32 sulle variazioni del bilancio per l’esercizio finanziario 2016 e del bilancio pluriennale 2016-2018, questo intervento non è previsto. Di più, nella legge regionale non trovate una sola volta citata la parola disoccupazione o disoccupato.
Non è solo un problema lessicale, ma è la precisa volontà del governo regionale di voler affrontare il problema della disoccupazione come un problema di offerta e non di domanda. Per il Presidente Pigliaru e gli alleati della coalizione, la disoccupazione nasce dall’incapacità del lavoratore di adeguarsi al mercato e di saper offrire il prodotto giusto da vendere. Lo si può constatare nei fatti nel momento in cui la Regione stanzia i finanziamenti alla formazione professionale per rendere adeguata l’offerta della manodopera alle esigenze del mercato. Ma cosa accade quando non ci sono 110˙300 posti di lavoro per i 110˙300 disoccupati sardi? Si possono migliorare le competenze dei disoccupati, ma se non ci sono 110˙300 posti di lavoro ci sarà sempre una percentuale di disoccupati più o meno alta.
Nella nostra economia si lavora se qualcuno è disposto a comprare il tuo lavoro. Se non c’è chi compra il lavoro dei disoccupati, la loro professionalità, per quanto qualificata, sarà sempre inutile. E se non esiste un privato che assume, deve essere lo Stato a farsi carico del diritto al lavoro di ogni cittadino. È lo Stato che deve avere il compito di promuovere le condizioni che rendano effettivo il diritto al lavoro, in modo che ciascuno possa svolgere un’attività che concorra al progresso materiale o sociale della società.
Ma lo Stato, e quindi a seguire gli enti locali, hanno deciso di venire meno agli obblighi costituzionali, sacrificando i lavoratori in nome della salvaguardia dell’equilibrio di bilancio. Perseguire l’equilibrio di bilancio, come dichiarato nello stesso articolo 4 della legge regionale n. 32, significa lasciare nella miseria i disoccupati sardi con le loro famiglie con l’aggravante di considerarli incapaci di trovare un lavoro perché non sufficientemente preparati.
Articolo pubblicato su Cagliaripad.it l’11 gennaio 2017