Questa settimana abbiamo ritardato di un giorno la pubblicazione del blog #13 del Primer per dare spazio alla Grecia. Dalla settimana prossima riprendiamo le pubblicazioni dei blog del Primer regolarmente ogni lunedì.
(la Redazione)
La scorsa settimana abbiamo esaminato le origini delle monete metalliche, sostenendo che il conio è un progresso relativamente recente. Sin dall’inizio le monete metalliche contenevano metallo prezioso. Abbiamo esaminato un’ipotesi a riguardo, poiché, dal punto di vista della MMT, l'”oggetto-Moneta” è semplicemente un “gettone” o una registrazione di debito.
Se questo è vero, perché “imprimere” la registrazione su metallo prezioso? Per migliaia di anni i debiti sono stati registrati su argilla, legno o carta. Perché questo cambiamento? Abbiamo sostenuto che le origini delle monete metalliche nella Grecia antica devono essere calate nello specifico contesto storico di quella società. L’uso di metallo prezioso non era una coincidenza, ma non era neanche coerente con l’approccio basato sul concetto di Moneta-merce. Anche se è vero che l’uso di metallo prezioso era importante e probabilmente persino critico, ciò avveniva per ragioni sociali ed era legato all’ascesa della polis democratica. Questa settimana esaminiamo il conio nella società occidentale, dal tempo dei Romani fino ad oggi.
Anche le monete romane contenevano metallo prezioso. Ma vi sono pochi dubbi sul fatto che la legge romana adottasse la teoria economica del “nominalismo” – in base al quale il valore nominale della moneta metallica è determinato dalle autorità, non dal valore attribuitole dal metallo in essa incorporato ([concetto sostenuto, invece, dalla teoria del] “metallismo”). Il sistema [che si avvaleva] di monete metalliche era ben regolamentato, e nonostante il contenuto di metallo prezioso variasse nel corso di coniature successive, non v’era alcun problema significativo di deterioramento o di inflazione. Per la legge romana era possibile depositare un sacco di determinate monete metalliche (in sacculo) e, all’atto del rimborso, chiedere indietro le stesse monete (rivendicazione). Tuttavia, se a qualcuno era dovuta una certa quantità di Moneta (piuttosto che monete metalliche specifiche), egli avrebbe dovuto accettare in pagamento qualunque combinazione di monete gli fosse offerta purché fosse “Moneta sonante” – monete metalliche autorizzate ufficialmente, il cui uso nei pagamenti era fatto rispettare dal giudice (condictio).
Questa pratica continuò fino all’inizio dell’era moderna, in cui le persone effettuavano depositi per tenere al sicuro sia sacchi di monete metalliche sigillati (e avrebbero potuto richiedere esattamente le stesse, nel sacchetto ancora sigillato), sia monete sfuse (e, in questo caso, avrebbe dovuto essere accettata qualunque moneta metallica legalmente riconosciuta). Pertanto in generale è prevalso il “nominalismo”, nonostante quello che sembra essere una forma di “metallismo” applicato alle specifiche monete metalliche in sacculo.[1]
In realtà, questo aveva più a che fare con l’approccio in base al quale le monete metalliche erano un “bene mobile”, qualcosa su cui il padrone vantasse la proprietà. Tuttavia, una volta che le monete sfuse del proprietario si fossero mischiate ad altre, non v’era “nessun segno distintivo” – nessun modo di identificarne la proprietà, e pertanto il richiedente aveva unicamente diritto ad essere ripagato nella Moneta che aveva corso legale – la legalis Moneta Angliae, per esempio in Inghilterra, che era stabilito essere una somma di “sterline”. Non esisteva alcuna sterlina sotto forma di moneta metallica (infatti l’Inghilterra neppure coniava la Sterlina, la sua Moneta di conto), piuttosto, il debito veniva ripagato fornendo la somma stabilita utilizzando le monete sancite come Moneta legale dalla Corona – che poteva includere [anche] monete metalliche estere – al valore nominale imposto dal Re.
Le autorità che emettevano monete metalliche erano libere di modificare il contenuto di metallo ad ogni coniatura; le sanzioni [imposte] a seguito del rifiuto di accettare – come mezzo di pagamento – una moneta metallica del sovrano, al valore stabilito dal sovrano [stesso], erano pesanti (spesso, la morte). Eppure, c’è un paradosso storico per cui, quando il Re era pagato in monete metalliche (per commissioni, sanzioni e tasse), egli le pesava – rifiutando, o accettando ad un valore più basso, le monete che pesavano meno. Se le monete metalliche avevano davvero un valore nominale, perché preoccuparsi di pesarle? Perché il Re – che le emetteva – sembrava avere un doppio standard, uno nominalista, uno metallista?
Negli scambi tra privati anche i venditori preferivano le monete “pesanti” – quelle che pesavano di più, o quelle di maggior finezza (maggiore contenuto di metallo prezioso). Certamente non volevano ritrovarsi nella situazione di cercare di effettuare pagamenti alla Corona con monete metalliche di basso peso. Perciò, varrebbe la “Legge di Gresham”: tutti vogliono pagare con monete “leggere”, ma essere pagati con “monete pesanti”. C’era pertanto un’ovvia preoccupazione riguardo alla quantità di metallo contenuta nelle monete, [tanto che] venivano prodotte e vendute bilance piuttosto accurate (e piccole) per pesare singolarmente le monete. Pertanto agli storici moderni (e agli economisti) sembra fosse il “metallismo” a regnare: il valore delle monete era determinato dalla quantità di metallo in esse contenuto.
Eppure nei tribunali è possibile vedere segnali dominanti del fatto che la legge favoriva un’interpretazione nominalista: qualunque moneta legale doveva essere accettata. Ed è possibile vedere Re che imposero lunghi periodi di prigionia (la sentenza era – di solito – a servizio del “piacere del Re” – un modo carino di porla! Ci si può giusto immaginare il piacere del Re nel tenere in prigione indefinitamente quelli che rifiutavano le sue monete), o la morte, per aver rifiutato qualunque moneta metallica considerata legale. Sembra tutto così confuso! [L’approccio] Era nominale o era metallico?
L’ultimo pezzo del puzzle sembra essere questo: finché non furono inventate le moderne tecniche di conio (tra cui la fresatura e la timbratura), fu relativamente facile “tosare” le monete metalliche – tagliando un po’ del metallo dal bordo. Le si poteva anche sfregare per raccogliere grani del metallo (persino la normale usura riduceva rapidamente il contenuto metallico; le monete d’oro in particolare erano morbide. Per tale ragione esse non erano assolutamente adatte ad essere un “efficiente mezzo di scambio” – una ragione in più per dubitare della storia metallista).
È per questo motivo che il Re le faceva pesare: per verificarne la tosatura (come potete immaginare la pena per la tosatura era dura, inclusa la morte). Se non l’avesse fatto, avrebbe potuto essere vittima della Legge di Gresham; ogni volta che riconiava avrebbe avuto meno metallo prezioso con cui lavorare. Ma, siccome pesava le monete metalliche, chiunque altro doveva evitare di essere dalla parte sbagliata della Legge di Gresham. Di nuovo, lungi dall’essere un “efficiente mezzo di scambio”, scopriamo che l’uso di metalli preziosi instaurò una dinamica distruttiva che sarebbe stata risolta in via definitiva solo con l’adozione della Moneta cartacea! (In realtà, anche la carta non è l’ideale; magari alcuni lettori hanno avuto problemi nel fare accettare banconote più vecchie – come accadde a me in Italia prima che fosse adottato l’euro – a causa delle dinamiche della Legge di Gresham. Grazie al cielo per computer, clic sui tasti e LED).
I Re a volte rendevano peggiori queste dinamiche – ritrattando la loro promessa di accettare i propri ITD di vecchio conio ai valori concordati in precedenza. Questa era la pratica di “screditare” le monete. Fino a tempi recenti, le monete non avevano il valore nominale impresso su di esse – esse valevano tanto quanto diceva il Re presso le sue “centri di riscossione tributi”. Di fatto, per raddoppiare il fardello delle tasse, egli avrebbe potuto annunciare che tutte le monete metalliche pendenti avrebbero avuto un valore pari solo alla metà del loro valore precedente. Poiché questa era prerogativa del sovrano, i detentori potevano affrontare qualche incertezza riguardo al valore nominale. Questo era un altro motivo per accettare solo monete metalliche pesanti – non importa quanto il Re le avesse screditate, il valore minimo sarebbe stato pari a quello del metallo in esse contenuto. Normalmente, comunque, le monete metalliche sarebbero circolate al più alto valore nominale stabilito dal sovrano, fatto rispettare dal giudice e dalla minaccia di severe sanzioni in caso di rifiuto di accettare le monete a quel valore.
Esiste un ulteriore aspetto di questa storia. Con l’ascesa dei predecessori regali del nostro Stato moderno ci sono stati anche i fenomeni, gemelli e tra loro legati, del Mercantilismo e delle guerre estere. All’interno di un impero o di uno Stato gli ITD del sovrano sono “oggetti-Moneta”: fintanto che il sovrano li accetta come mezzo di pagamento, anche i suoi sudditi o i cittadini li accetteranno. Qualunque “gettone” lo sarà – che sia di metallo, carta, o dati elettronici. Ma, al di fuori dai confini dell’autorità, semplici gettoni potrebbero non essere assolutamente accettati. Per alcuni aspetti, il commercio ed i pagamenti internazionali sono più simili al baratto, a meno che esista un qualche “gettone” universalmente accettato (come il Dollaro USA oggi).
Mettiamola così: perché mai in Francia qualcuno dovrebbe volere l’ITD del nemico giurato della Francia, il Re d’Inghilterra? Fuori dall’Inghilterra, le monete del Re potrebbero circolare solo al valore del metallo prezioso in esse contenuto. La teoria metallista potrebbe [allora] essere ben applicata all’ITD del Re come una sorta di valore minimo: nel caso peggiore, esso non può comunque scendere di molto al di sotto di quello del contenuto d’oro, perché lo si può fondere in un lingotto.
E questo ci porta alla politica del Mercantilismo, e anche alla conquista del Nuovo Mondo. Perché un Paese dovrebbe voler esportare la sua produzione, solo per avere in cambio oro e argento per riempire i forzieri del Re? E perché la corsa al Nuovo Mondo per avere oro e argento? Perché l’oro e l’argento erano necessari a condurre le guerre all’estero, per le quali era necessario assumere eserciti mercenari e acquistare tutte le provviste indispensabili a supportarli in terra straniera (l’Inghilterra non aveva un’enorme aeroplano con cui paracadutare le truppe e le provviste in Francia – assoldava invece truppe continentali, e acquistava le provviste dai produttori locali). C’era un grazioso circolo vizioso in tutto ciò: le guerre venivano combattute sia con l’oro e l’argento che per l’oro e l’argento!
E contribuiva a creare un caos monetario nel Paese d’origine. Il sovrano era sempre a corto d’oro e d’argento, pertanto era fortemente incentivato a ridurre il valore della valuta (per conservare metallo con cui finanziare le guerre), e preferiva al contempo il pagamento con le monete più pesanti. La popolazione era fortemente incentivata a rifiutare le monete leggere come mezzo di pagamento, e contemporaneamente ad accumulare quelle pesanti. O i venditori potevano tentare di avere due listini prezzi – uno più basso per le monete pesanti, ed uno alto per quelle leggere. Ma questo significava giocare con la forca.
Il caso fu risolto molto gradualmente con l’ascesa dei moderni Stati nazionali, in cui il conio rappresenta una chiara adozione del principio nominalista, e – finalmente – l’abbandono del fenomeno a lungo praticato di utilizzare metallo prezioso per creare le monete.
E con ciò abbiamo finalmente ottenuto il nostro “efficiente mezzo di scambio”: puri ITD registrati elettronicamente. Le monete di metallo prezioso sono sempre state registrazioni di ITD, ma erano imperfette. E ragazzi, quanto hanno fuorviato storici ed economisti!
A dire il vero, non sono ancora entrato nel dettaglio del motivo per cui la Moneta deve essere un ITD, e non una merce. Prima abbiamo bisogno di qualche altro mattoncino.
Note dell’Autore
1.^ Per il discorso fatto in questa sede ringrazio Chris Desan, David Fox, e altri partecipanti ad un recente seminario all’Università di Cambridge.
Originale pubblicato il 28 agosto 2011
Traduzione a cura di Andrea Sorrentino, Supervisione di Maria Consiglia Di Fonzo