Nel Blog #2 abbiamo introdotto i principi fondamentali della contabilità macroeconomica, e nel Blog #3 ci siamo presi una pausa dalla contabilità per dare uno sguardo all’ascesa e al declino della Goldilocks economy negli Stati Uniti. Quindi abbiamo applicato la nostra identità dei saldi settoriali al caso degli USA. Nel blog di oggi scenderemo un po’ più in profondità nella contabilità, guardando alla relazione tra flussi (deficit) e stock (debiti). Per evitare di commettere errori dobbiamo assicurarci che tra i nostri flussi e i nostri stock ci sia “coerenza”. Vogliamo assicurarci che tutta la spesa e tutto il risparmio provengano da qualche parte e vadano a finire da qualche altra parte. E ci dobbiamo assicurare che il surplus di un settore sia compensato dal deficit di un altro settore.
È molto simile a tenere traccia dei punti in una partita di baseball, e infatti la maggior parte dei “punti” finanziari sono davvero dati elettronici nel mondo moderno.
Proveremo anche a dire qualcosa sulla causalità. Non è sufficiente dire che, a livello aggregato, la somma algebrica tra saldo del settore privato, saldo del settore pubblico e saldo del settore estero è pari a zero. Vorremmo essere in grado di comprendere il motivo per cui il saldo del settore privato era negativo durante gli anni Goldilocks di Clinton mentre il saldo di quello pubblico era positivo – come siamo arrivati a quel punto, e che sorta di processi ha indotto. Ovviamente ciò è necessario prima che possiamo realmente analizzare la situazione e formulare una politica. A differenza dell’identità contabile macroeconomica (che dev’essere vera), non è possibile dire con certezza da dove deriva il saldo di un particolare settore. È piuttosto facile dire che se il settore pubblico realizza un surplus, e se il saldo estero è positivo (il settore estero spende meno del suo flusso in entrata), allora per identità contabile il saldo del settore privato nazionale deve essere negativo (incorrendo in un deficit). L’insieme deve sommare a zero.
È più difficile spiegare per quale motivo il settore privato abbia realizzato un deficit durante gli anni Goldilocks; è ancora più arduo predire se, e quanto a lungo, quel deficit continuerebbe. Ho già chiarito nel Blog #3 che ho sbagliato le tempistiche – i deficit del settore privato sono continuati per circa 4 anni più a lungo di quanto mi aspettassi. È maledettamente difficile fare proiezioni corrette – se fossero semplici, gli MMTer [1] farebbero un sacco di soldi piazzando scommesse sui risultati. Un altro modo di dire ciò è dire che una buona comprensione della MMT non dà a nessuno alcun monopolio sulle spiegazioni della causalità. Non dobbiamo essere troppo sicuri di noi stessi. Come era solito affermare il defunto e grande Wynne Godley, egli non faceva previsioni, piuttosto faceva proiezioni contingenti. Per esempio, proseguendo il lavoro di Godley, il Levy Economics Institute (www.levy.org) realizza questo tipo di proiezioni. Parte tipicamente da proiezioni del CBO (Congressional Budget Office [2]) sul trend dei deficit pubblici e sulla crescita economica nei prossimi anni. Le proiezioni del CBO sono in larga parte determinate dalla legislazione corrente (cioè leggi che determinano la spesa pubblica e la tassazione, così come i mandati di riduzione del deficit). Tuttavia, nelle proiezioni del CBO non c’è coerenza tra stock e flussi, e non adottano l’approccio dei tre saldi settoriali (cosa che era solita fare diventare matto Godley). In altre parole, essi sono incoerenti. Ma, date le proiezioni sul bilancio pubblico e sulla crescita del Pil, come anche stime empiriche di vari parametri economici (la propensione al consumo e all’importazione, per esempio), si può produrre un modello caratterizzato da coerenza tra stock e flussi, con i saldi settoriali e l’andamento del debito da essi implicati. Il Levy Institute spesso trova che i tassi di crescita economica (per esempio) e le proiezioni sul deficit pubblico, così come il rapporto dell’indebitamento privato [rispetto al Pil] utilizzati nelle previsioni del CBO, implicano saldi molto poco plausibili per gli altri due settori (quello privato nazionale e quello estero). Per compiere quel genere di analisi è necessario andare al di là delle semplici identità contabili.
Deficit –> risparmi e debiti –> ricchezza. Nei nostri blog precedenti abbiamo stabilito che il valore del deficit di un settore dev’essere pari al valore del surplus di (almeno) uno degli altri settori. Abbiamo anche stabilito che il valore dei debiti di un settore dev’essere pari al valore della ricchezza finanziaria di (almeno) uno degli altri settori. Finora, tutto ciò deriva dai principi di contabilità macroeconomica. Tuttavia l’economista desidera dire di più, perché come tutti gli scienziati gli economisti sono interessati alla causalità. L’economia è una scienza sociale, cioè scienza di sistemi sociali straordinariamente complessi in cui la causalità non è mai semplice, poiché i fenomeni economici sono soggetti ad interdipendenza, isteresi, causalità cumulativa, e così via. Eppure, noi possiamo dire qualcosa riguardo alle relazioni causali tra i flussi e gli stock che abbiamo discusso nei blog precedenti. Alcuni lettori noteranno che i nessi causali qui adottati provengono dalla teoria Keynesiana.
- La spesa individuale è determinata principalmente dal reddito. Il nostro punto di partenza sarà la decisione di spesa del settore privato. Per l’individuo sembra plausibile affermare che il reddito determina in larga parte la spesa, perché chi non ha reddito sarà certamente molto limitato nel decidere di acquistare beni e servizi. Tuttavia, dopo un’attenta riflessione è evidente che, anche a livello individuale, il legame tra reddito e spesa è allentato – si può spendere meno di quanto si guadagna, accumulando asset finanziari netti, o si può spendere più del proprio reddito emettendo passività finanziarie e pertanto indebitandosi. Eppure – anche se la corrispondenza tra i due flussi non è perfetta – a livello di singola famiglia o impresa la direzione di causalità va principalmente dal reddito alla spesa. Non ci sono molte ragioni che fanno credere che la spesa di un individuo ne determini in modo significativo il reddito.
- I deficit creano ricchezza finanziaria. Possiamo dire qualcosa anche riguardo alla causalità dell’accumulazione di ricchezza finanziaria a livello individuale. Se una famiglia o un’impresa decide di spendere più del proprio reddito (realizzando un deficit di bilancio), essa può emettere passività per finanziare gli acquisti. Queste passività saranno accumulate come ricchezza finanziaria netta da parte di un’altra famiglia, impresa, o Stato che sta risparmiando (realizzando un surplus di bilancio). Ovviamente, perché questo accumulo di ricchezza finanziaria netta possa avvenire, dobbiamo avere una famiglia o un’impresa che desidera spendere a deficit e un’altra famiglia, impresa o Stato desiderosi di accumulare ricchezza nella forma delle passività di colui che sta spendendo a deficit. Potremmo dire che “bisogna essere in due per ballare il tango”. Tuttavia, è la decisione di spendere a deficit la causa iniziale della creazione di ricchezza finanziaria netta. Non importa quanto gli altri possano voler accumulare ricchezza finanziaria, essi non potranno farlo a meno che qualcuno desideri spendere a deficit.
Eppure, è vero che la famiglia o l’impresa non sarà in grado di spendere a deficit a meno di poter vendere asset accumulati o trovare qualcuno disposto a detenere le sue passività. Possiamo supporre che esista una propensione (o desiderio) ad accumulare ricchezza finanziaria netta. Ciò non significa che qualunque singola impresa o famiglia sarà in grado di emettere debito così da poter spendere a deficit, ma assicura che molte imprese e famiglie troveranno qualcuno desideroso di possedere il loro debito. E, nel caso di uno Stato sovrano, esiste un potere speciale – la possibilità di tassare – che virtualmente garantisce che famiglie e imprese desiderino accumulare il debito dello Stato (un argomento che affronteremo più avanti). Ne concludiamo che anche se la causalità è complessa, e “bisogna essere in due per ballare il tango”, la causalità tende ad andare dalla spesa a deficit di uno all’accumulo di ricchezza finanziaria, e dal debito alla ricchezza finanziaria. Poiché l’accumulo di uno stock di ricchezza finanziaria proviene da un surplus di bilancio, cioè da un flusso di risparmio, possiamo anche concludere che la causalità tende ad andare dalla spesa a deficit al risparmio. - La spesa aggregata crea reddito aggregato. A livello aggregato, considerando l’economia nel suo insieme, la causalità è più evidente. Una società non può decidere di avere più reddito, ma può decidere di spendere di più. Inoltre tutta la spesa dev’essere ricevuta da qualcuno, da qualche parte, come reddito. Infine, come discusso in precedenza, la spesa non è necessariamente limitata dal reddito, essendo possibile per famiglie, imprese o Stato spendere più del proprio reddito. Infatti, come abbiamo discusso, uno qualunque dei tre settori principali può realizzare un deficit, con almeno uno degli altri che realizzerà un surplus. Tuttavia non è possibile che la spesa a livello aggregato sia diversa dal reddito aggregato, perché la somma dei saldi settoriali dev’essere pari a zero. Per tutte queste ragioni, dobbiamo invertire la causalità tra spesa e reddito quando ci spostiamo a livello aggregato: mentre a livello individuale il reddito causa la spesa, a livello aggregato la spesa causa il reddito.
- Il deficit in un settore crea il surplus di un altro. Abbiamo mostrato in precedenza che il deficit di un settore è, per identità, pari alla somma dei surplus di bilancio dell’altro settore(i). Se dividiamo l’economia in tre settori (settore privato nazionale, settore pubblico nazionale e settore estero), nel momento in cui un settore realizza un deficit almeno un altro deve realizzare un surplus. Esattamente come nel caso della nostra analisi dei saldi individuali, “bisogna essere in due per ballare il tango”, nel senso che un settore non può realizzare un deficit se un altro settore non incorre in un surplus. Allo stesso modo possiamo affermare che un settore non può emettere debito se un altro settore non desidera accumulare debito.
Ovviamente, gran parte del debito emesso all’interno di un settore sarà posseduto da altri nello stesso settore. Per esempio, se guardiamo alle finanze del settore privato nazionale, troveremo che la maggior parte del debito negli affari è in mano ad imprese e famiglie nazionali. Nella terminologia che abbiamo introdotto in precedenza, questo è “debito endogeno” di quelle imprese e famiglie che hanno realizzato deficit di bilancio, detenuto come “ricchezza endogena” da quelle imprese e famiglie che hanno realizzato surplus di bilancio. Tuttavia se il settore privato nazionale, considerato nel suo insieme, spende più del proprio reddito, esso deve emettere “debito esogeno”, posseduto come “ricchezza esogena” da almeno uno degli altri due settori (settore pubblico nazionale e settore estero). Poiché la causa iniziale di un deficit di bilancio è il desiderio di spendere più del reddito, la causalità va principalmente dal deficit al surplus e dal debito alla ricchezza finanziaria netta. Anche se riconosciamo che nessun settore può incorrere in un deficit a meno che un altro settore voglia realizzare un surplus, questo tipicamente non è un problema perché c’è una propensione al risparmio netto di asset finanziari. Questo per dire che esiste un desiderio di accumulare ricchezza finanziaria – che per definizione è la passività di qualcuno.
Conclusione. Prima di proseguire, è necessario enfatizzare che tutto [ciò che si è detto] in questo blog (così come nel Blog #2) si applica alla contabilità macroeconomica di qualunque Paese. Anche se gli esempi usavano il Dollaro, tutti i risultati possono essere applicati indipendentemente da quale valuta venga utilizzata. La nostra equazione fondamentale del saldo macroeconomico,
Saldo del Settore Privato Nazionale + Saldo del Settore Pubblico Nazionale + Saldo Estero = 0
si applicherà in toto ai saldi contabili denominati in qualunque valuta. All’interno di un Paese ci possono anche essere flussi (che si accumulano in stock) in valuta estera, e ci sarà un’equazione di bilancio macroeconomico anche in quella valuta.
Si noti che nulla cambia se espandiamo il nostro modello includendo un certo numero di Paesi differenti, ciascuno dei quali emette la propria valuta. Esisterà un’equazione di bilancio macroeconomico per ciascuno di questi Paesi e per ciascuna di queste valute. Singole imprese o famiglie (o, se è per questo, Stati) possono accumulare asset finanziari denominati in molte valute differenti; viceversa, singole imprese o famiglie (o Stati) possono emettere debito netto denominato in molte valute differenti. Si può anche complicare di più lo scenario, con un individuo che fa deficit in una valuta e surplus in un’altra (emettendo debito in una valuta e accumulando ricchezza in un’altra). Ma, di nuovo, per ogni Paese e per ogni valuta ci sarà un’equazione di bilancio macroeconomico.
OK per questa settimana è abbastanza. Vorrei ricordare a commentatori e scettici che questo è un Primer. Raccoglieremo domande e commenti fino a mercoledì e posteremo poi una risposta. Apprezziamo commenti e domande direttamente relativi a questo blog. Non desideriamo affatto commenti da coloro che hanno già preso in esame e rifiutato la MMT.
Note del Traduttore
1.^ MMTer: sostenitore della MMT
2.^ Congressional Budget Office: agenzia federale statunitense con il compito di fornire dati economici e stime al Congresso; fonte: Wikipedia.org
Originale pubblicato il 27 giugno 2011
Traduzione a cura di Andrea Sorrentino, Supervisione di Maria Consiglia Di Fonzo