In questo blog costruiremo le fondamenta necessarie per comprendere la Moneta moderna. Per favore abbiate pazienza. Potrebbe non essere ovvio, non ancora, il motivo per cui questo è importante. Ma potreste non comprendere il dibattito sul bilancio di Stato (e avere un approccio critico relativamente all’isteria del deficit che ha colpito tutti i partiti politici del nostro Paese, da destra a sinistra) senza comprendere la contabilità macroeconomica di base. Quindi: siate pazienti e attenti. Non sarà necessaria alcuna conoscenza di nozioni di matematica avanzata o di intricate regole contabili. Questo materiale è semplice, elementare. È una branca della logica. Ma è logica estremamente semplice.
Una nota sulla terminologia: una semplice tabella al termine di questo post darà la definizione di alcuni termini che verranno usati in questo Primer. Potreste volerla prima consultare e poi tornare a leggere il blog.
L’asset finanziario di cui una persona è titolare corrisponde alla passività finanziaria di un’altra. È un principio fondamentale della contabilità: per ogni attività finanziaria esiste una passività finanziaria di uguale ammontare che la compensa. Il deposito in conto corrente è un asset finanziario di cui una famiglia è titolare, compensato da una passività della banca (o ITD [1]). Un Titolo di Stato o di un’impresa è un asset per una famiglia, ma rappresenta una passività per il soggetto che lo ha emesso (sia esso lo Stato o l’impresa). Anche le famiglie hanno qualche passività, tra cui i prestiti per studenti, il mutuo per la casa, o un prestito per l’acquisto dell’automobile. Esse sono [allo stesso tempo] asset del creditore, che potrebbe essere una banca o un qualche genere di istituto finanziario, tra cui fondi pensione, fondi speculativi o compagnie assicurative. La ricchezza finanziaria netta di una famiglia è pari alla somma di tutti i suoi asset finanziari meno la somma di tutte le sue passività finanziarie (tutti gli ITD che ha emesso denominati nella valuta di riferimento). Se il risultato è positivo allora essa ha una ricchezza finanziaria netta positiva.
Ricchezza endogena versus ricchezza esogena. Spesso è utile distinguere tra i diversi tipi di settori che costituiscono un sistema economico. La distinzione di base è tra il settore pubblico (che include tutti i livelli dell’amministrazione) ed il settore privato (che include famiglie e imprese). Se considerassimo tutto l’insieme di asset e passività emessi dal settore privato, per logica, la somma degli asset finanziari deve essere uguale alla somma delle passività finanziarie. In altre parole, la ricchezza finanziaria netta dovrebbe essere uguale a zero se considerassimo solo gli ITD del settore privato. Talvolta questa viene chiamata “ricchezza endogena”, essendo “all’interno” del settore privato. Perché il settore privato possa accumulare ricchezza finanziaria netta, essa dev’essere sotto forma di “ricchezza esogena”, cioè di crediti finanziari [vantati] nei confronti di un altro settore. Data la nostra suddivisione di base tra il settore pubblico ed il settore privato, la ricchezza finanziaria esogena assume la forma di ITD statali. Il settore privato possiede valuta statale (sia banconote che monete metalliche) così come un’intera gamma di Titoli pubblici (conti a breve scadenza, Titoli a più lunga scadenza) come asset finanziari netti, che rappresentano una porzione della ricchezza finanziaria netta positiva da esso detenuta.
Una nota sulla ricchezza non finanziaria (asset reali). L’asset finanziario di cui una persona è titolare è necessariamente compensato dalla passività finanziaria dovuta da un’altra. In aggregato, la ricchezza finanziaria netta dev’essere uguale a zero. Tuttavia gli asset reali rappresentano la ricchezza che una persona possiede, ma che non è compensata dalla passività di un altro, per cui — a livello aggregato — la ricchezza netta è pari al valore degli asset reali (non finanziari). Per essere più chiari: potreste aver acquistato un’automobile indebitandovi. La vostra passività finanziaria (il vostro prestito contratto per l’acquisto dell’automobile) è compensato dall’asset finanziario di cui è titolare la società di prestiti per l’acquisto di automobili. Poiché questi — al netto — sommano a zero, ciò che rimane è il valore dell’asset reale — l’automobile. Nella maggior parte della discussione che segue ci preoccuperemo di asset e passività finanziarie, ma terremo presente nelle nostre menti che il valore degli asset reali fornisce ricchezza netta sia a livello individuale che a livello aggregato. Una volta che sottraiamo tutte le passività finanziarie dal totale degli asset (reali e finanziari) rimaniamo con asset non finanziari (reali), o valore netto aggregato.
La ricchezza finanziaria netta privata è uguale al debito pubblico. I flussi (di reddito o di spesa) si accumulano in stock. L’accumulo di asset finanziari netti da parte del settore privato nel corso di un anno è reso possibile solo perché, nel corso dello stesso periodo, la spesa del settore privato è inferiore al reddito dello stesso. In altre parole, il fatto di risparmiare, ha consentito al settore privato di accumulare uno stock di ricchezza sotto forma di asset finanziari. Nel nostro semplice esempio, solo con un settore pubblico ed un settore privato, questi asset finanziari corrispondono a passività pubbliche — [ossia] valuta statale e Titoli di Stato. Questi ITD pubblici, a loro volta, possono essere accumulati solo quando lo Stato spende più di quanto incassa sotto forma di gettito fiscale. Questo è un deficit pubblico, dato dal flusso di spesa pubblica meno il flusso di entrate fiscali misurati nella Moneta di conto nel corso di un dato periodo (di solito, un anno). Questo deficit si accumula in uno stock di debito pubblico — uguale all’accumulo di ricchezza finanziaria, nel corso dello stesso periodo, da parte del settore privato. Una spiegazione completa del processo di spesa e tassazione da parte dello Stato verrà data nelle settimane e nei mesi a venire. Per ora ciò che è necessario capire è che il valore degli asset finanziari netti detenuti dal settore privato è esattamente uguale al valore delle passività finanziarie nette emesse dallo Stato, nel nostro esempio che ipotizza l’esistenza di due soli settori. Se lo Stato consegue sempre un pareggio di bilancio, ossia il valore della spesa che sostiene è sempre uguale al valore del gettito fiscale, la ricchezza finanziaria netta del settore privato sarà pari a zero. Se lo Stato realizza continuamente surplus di bilancio (il valore della spesa è inferiore al valore del gettito fiscale), la ricchezza finanziaria netta del settore privato è necessariamente negativa. In altre parole, il settore privato sarà indebitato nei confronti del settore pubblico.
Possiamo formulare un conseguente “dilemma”: nel nostro modello a due settori è impossibile che sia il settore pubblico che quello privato realizzino un surplus. E se il settore pubblico realizzasse un surplus, per identità, il settore privato dovrebbe incorrere in un deficit di pari valore. Se il settore pubblico realizzasse surplus sufficienti ad azzerare tutto il proprio debito pendente, per identità, il settore privato incorrerebbe in un deficit di pari valore esaurendo, fino ad azzerarla, la propria ricchezza finanziaria.
I debiti del resto del mondo sono asset finanziari nazionali. Un’altra suddivisione utile è quella di ipotizzare l’esistenza di tre settori: un settore privato nazionale, un settore pubblico nazionale, ed un settore “resto del mondo” che consiste di Stati, imprese e famiglie esteri. In questo caso, per il settore privato nazionale è possibile accumulare crediti netti nei confronti del resto del mondo anche se il settore pubblico nazionale pareggia il suo bilancio, con il valore della sua spesa esattamente pari al valore del gettito fiscale nel corso dello stesso periodo. L’accumulazione di asset finanziari netti da parte del settore nazionale [pubblico + privato, NdT] è pari all’emissione di passività finanziarie nette da parte del resto del mondo. Infine, e più realisticamente, il settore privato nazionale può accumulare ricchezza finanziaria netta, consistente sia di passività statali nazionali che di passività del resto del mondo. Per il settore privato nazionale è possibile accumulare debito pubblico (aggiungendolo alla propria ricchezza finanziaria netta) emettendo però, al contempo, [titoli di] debito verso il resto del mondo (riducendo la propria ricchezza finanziaria netta). Nella prossima sezione ci spostiamo ad una discussione dettagliata dei saldi settoriali.
Elementi fondamentali di contabilità settoriale, relazioni con i concetti di stock e flusso. Continuiamo con la nostra suddivisione dell’economia in tre settori: un settore privato nazionale (famiglie ed imprese), un settore pubblico nazionale (comprende amministrazioni locali, statali, provinciali e nazionali), ed un settore estero (il resto del mondo, comprese famiglie, imprese e Stati). Ognuno di questi settori può essere trattato come se avesse un flusso di reddito ed un flusso di spesa nel corso dell’esercizio finanziario, che considereremo essere pari ad un anno. Non c’è ragione per cui un singolo settore pareggi ogni anno i propri flussi di reddito e spesa. Se spende meno di quanto incassa si dice che il suo bilancio annuale è in surplus; se spende più del proprio reddito si dice che è in deficit; un pareggio di bilancio indica che nell’arco dell’anno il reddito è stato pari alla spesa.
Dalla discussione precedente risulterà chiaro che un surplus di bilancio è la stessa cosa di un flusso di risparmio, e porta ad accumulo netto di asset finanziari. Per lo stesso motivo, un deficit di bilancio riduce la ricchezza finanziaria netta. Il settore che fa un deficit deve usare i propri asset finanziari accumulati negli anni precedenti (quando aveva conseguito surplus) o, in alternativa, deve emettere nuovi ITD per compensare i propri deficit. Nel linguaggio comune si dice che esso “paga” la propria spesa a deficit scambiando i suoi asset con depositi bancari spendibili (detto “risparmio negativo”), o che emette debito (“si indebita”) per ottenere depositi bancari spendibili. Una volta che esaurisce gli asset accumulati non ha altra scelta che aumentare il proprio indebitamento ogni anno in cui ha un deficit di bilancio. D’altro canto, un settore che ha surplus di bilancio starà accumulando asset finanziari netti. Questi surplus prenderanno la forma di crediti finanziari nei confronti di almeno uno degli altri settori.
Un’altra nota sugli asset reali. Sorge una domanda: e se uno usa i propri risparmi (un surplus di bilancio) per acquistare asset reali piuttosto che accumulare asset finanziari netti? In tal caso, gli asset finanziari vengono semplicemente trasferiti a qualcun altro. Per esempio, se tu spendi meno del tuo reddito, puoi accumulare depositi sul tuo conto corrente. Se decidi di non voler tenere i tuoi risparmi sotto forma di un conto corrente, puoi scrivere un assegno per acquistare — diciamo — un dipinto, un’auto d’epoca, una collezione di francobolli, immobili, una macchina, o persino un’impresa commerciale. Converti un asset finanziario in un asset reale. Tuttavia il venditore ha fatto la transazione opposta, e diventa titolare dell’asset finanziario. Il punto è che se il settore privato preso nel suo complesso ha un surplus di bilancio, qualcuno starà accumulando asset finanziari netti (crediti nei confronti di un altro settore), anche se le attività all’interno del settore privato possono spostare quegli asset finanziari netti da una “tasca” ad un’altra.
Conclusione: Il deficit di un settore è pari al surplus di un altro. Tutto ciò ci porta all’importante principio contabile secondo cui, se sommiamo i deficit avuti da uno o più settori, la somma sarà pari ai surplus avuti dall’altro settore (o settori). Seguendo il pionieristico lavoro di Wynne Godley, possiamo esprimere questo principio nella forma di una semplice identità:
Saldo del Settore Privato Nazionale + Saldo del Settore Pubblico Nazionale + Saldo Estero = 0
Per esempio, assumiamo che il settore estero si trovi in una situazione di un pareggio di bilancio (nell’identità qui sopra, il bilancio estero è uguale a zero). Assumiamo inoltre che il reddito del settore privato nazionale sia di 100 miliardi di $, mentre la sua spesa sia pari a 90 miliardi di $, per un surplus di bilancio di 10 miliardi di $ in quell’anno. Dalla discussione precedente, sappiamo che il settore privato nazionale accumulerà nell’anno 10 miliardi di $ di ricchezza finanziaria netta, consistenti in 10 miliardi di $ di passività del settore pubblico nazionale.
Come altro esempio, assumiamo che il settore estero spenda meno del suo reddito, con un surplus di bilancio di 20 miliardi di $. Contemporaneamente, anche il settore pubblico nazionale spende meno del suo reddito, e si trova in una situazione di surplus di bilancio di 10 miliardi di $. Dalla nostra identità contabile, sappiamo che nel corso dello stesso periodo il settore privato nazionale deve essersi trovato con un deficit di bilancio pari a 30 miliardi di $ (20 più 10 miliardi di $). Contemporaneamente la sua ricchezza finanziaria netta sarà diminuita di 30 miliardi di $, poiché ha venduto asset ed emesso debito. Nel frattempo, il settore pubblico nazionale avrà aumentato la propria ricchezza finanziaria netta di 10 miliardi di $ (riducendo il proprio debito in sospeso o aumentando i propri crediti nei confronti degli altri settori), ed il settore estero avrà aumentato la propria posizione finanziaria netta di 20 miliardi di $ (riducendo anch’esso il proprio debito pendente o aumentando i propri crediti nei confronti degli altri settori).
È evidente che se un settore si trova in una situazione di surplus di bilancio, almeno un altro settore deve avere un deficit di bilancio. In termini di variabili stock, per far sì che un settore accumuli ricchezza finanziaria netta almeno un altro settore deve aumentare il proprio indebitamento dello stesso ammontare. È impossibile per tutti i settori accumulare ricchezza finanziaria netta realizzando [contemporaneamente] surplus di bilancio. Possiamo formulare un altro “dilemma”: se uno dei tre settori realizza un surplus, almeno uno degli altri [due] deve trovarsi in deficit.
Non importa quanto duramente possiamo provarci, non possiamo tutti avere surplus. È come quei bambini al Lago Wobegone, che si suppone siano sopra la media. Per ciascun bambino sopra la media ce ne dev’essere uno al di sotto della media. E per ciascun deficit ci dev’essere un surplus.
Note sui Termini. In questo Primer adotteremo le seguenti definizioni e convenzioni:
La parola “Moneta” [2] si riferirà ad un’unità di conto generale e rappresentativa. Non useremo questa parola per nessuna “cosa” particolare – es. una moneta metallica o una banconota della banca centrale.
Gli “oggetti” Moneta verranno specificamente identificati: una moneta [3] metallica, una banconota, un deposito. Alcuni di essi possono essere toccati (banconote), altri sono voci elettroniche sui bilanci (depositi, riserve bancarie). Quindi, “oggetti-Moneta” è semplicemente l’abbreviazione di “ITD denominati in Moneta”.
Una specifica Moneta nazionale di conto verrà designata con una lettera maiuscola: Dollaro statunitense, Yen giapponese, Yuan cinese, Sterlina inglese, Euro dell’UME [4].
La parola valuta è usata per indicare monete metalliche, banconote e riserve emesse dallo Stato (sia dal Tesoro che dalla Banca Centrale). Quando si indica uno specifico [Ministero del] Tesoro o i suoi Titoli, la parola inizierà con una maiuscola: Tesoro degli Stati Uniti, Titoli del Tesoro.
Gli asset finanziari netti sono pari agli asset finanziari totali meno le passività finanziarie. Non è la stessa cosa di ricchezza netta (o valore netto), poiché ignora gli asset reali.
Un ITD (Io Ti Devo) è un debito finanziario, passività o obbligazione da pagare, denominata in una Moneta di conto. È un asset finanziario per chi lo detiene. Ci può essere prova fisica dell’ITD (per esempio scritto su carta, stampato su una moneta metallica) o può essere registrato elettronicamente (per esempio sul bilancio di una banca).
Note del Traduttore
1.^ ITD: Io Ti Devo
2.^ Per questioni di comprensibilità, nella traduzione si utilizzerà sempre la parola “Moneta”, con l’iniziale maiuscola
3.^ Si noti l’iniziale minuscola
4.^ UME: Unione Monetaria Europea
Originale pubblicato il 12 giugno 2011
Traduzione a cura di Andrea Sorrentino, Supervisione di Maria Consiglia Di Fonzo