Seicento professori universitari hanno scritto un preoccupato appello al Ministro dell’Istruzione Pubblica Valeria Fedeli. Il titolo della lettera che denuncia il progressivo degrado della scuola italiana si intitola:
Saper leggere e scrivere: una proposta contro il declino dell’italiano a scuola
« È chiaro ormai da molti anni che alla fine del percorso scolastico troppi ragazzi scrivono male in italiano, leggono poco e faticano a esprimersi oralmente. Da tempo i docenti universitari denunciano le carenze linguistiche dei loro studenti (grammatica, sintassi, lessico), con errori appena tollerabili in terza elementare. Nel tentativo di porvi rimedio, alcune facoltà hanno persino attivato corsi di recupero di lingua italiana ».
I docenti universitari firmatari non si sono limitati alla denuncia ma hanno proposto alcune linee di intervento per la soluzione del problema. Chiedono che la scuola « dia grande rilievo all’acquisizione delle competenze di base, fondamentali per tutti gli ambiti disciplinari », con la definizione e verifica su « traguardi intermedi imprescindibili da raggiungere e le più importanti tipologie di esercitazioni » e l’introduzione di « verifiche nazionali periodiche » precisando che « sarebbe utile la partecipazione di docenti delle medie e delle superiori rispettivamente alla verifica in uscita dalla primaria e all’esame di terza media, anche per stimolare su questi temi il confronto professionale tra insegnanti dei vari ordini di scuola ».
Ed è in quest’ultima parte che la lettera rivela la sua vera natura pressapochista. I 600 docenti universitari suggeriscono di suddividere gli insegnanti della scuola in serie A, B, ecc… Per cui quelli delle scuole medie devono valutare quelli della scuola primaria, quelli delle superiori i colleghi delle medie e su a salire fino a loro, gli intoccabili che giudicheranno tutti.
È giusto che ciascuno si prenda i propri meriti, ma anche le proprie responsabilità. La scuola italiana di oggi è il risultato di una serie di riforme che avevano come principale obiettivo il taglio di bilancio. L’obiettivo reale dei tagli è stato mascherato negli anni da titoli accattivanti quali l’autonomia scolastica, oppure le tre I della Moratti per finire con la Buona Scuola. Questo scellerato impoverimento di risorse per la scuola è stato guidato da consulenti, che erano poi docenti universitari. In alcuni cosi i docenti hanno suggerito le riforme scolastiche, in altri casi i docenti universitari hanno suggerito le teorie economiche alla base delle politiche di austerità. I risultati? Un disastro, sul fronte della scuole come sul fronte dell’economia.
Oggi la loro lettera è la constatazione del loro fallimento. Qualunque ragazzo di qualunque scuola è in grado di capire che per uno Stato l’investimento più importante per il futuro ed il benessere dei cittadini è proprio l’investimento di risorse nella scuola. Ma i docenti universitari questo non l’avevano capito, oppure avevano pensato miseramente solo al futuro delle loro carriere.
Pubblicato su Cagliaripad.it il 13 febbraio 2017